La costituzione italiana e l’ambiente

La costituzione italiana e l’ambiente

La Costituzione italiana non conteneva, fino alla riforma costituzionale del 2001, alcun riferimento esplicito alla tutela dell’ambiente. Esisteva solamente un’elaborazione giurisprudenziale della Corte costituzionale che, facendo riferimento in via interpretativa agli articoli 2, 9 e 32 della Costituzione, ha elaborato una tutela costituzionale dell’ambiente.

LA TUTELA OGGETTIVA DEL PAESAGGIO

Utilizzando una combinazione degli articoli 2 e 9, la Corte Costituzionale ha ricostruito “non una situazione soggettivamente tutelata, ma una tutela di tipo oggettivo relativa al paesaggio”1, che combinata con l’articolo 32, ha permesso di riconoscere

“l’esistenza di una situazione giuridica soggettiva, azionabile direttamente di fronte a comportamenti lesivi, il cui contenuto è dato dalla (tutela della) salute individuale”.

B. CARAVITA, Diritto dell’ambiente, 2007, p.13

L’articolo 9 della costituzione, con il suo riferimento alla tutela del paesaggio, fornisce una difesa della forma paese dal punto di vista ambientale, culturale ed urbanistico. Alcuni studiosi ritengono che contribuiscano alla difesa dell’ambiente l’articolo 44 della Costituzione, nella parte che riconosce dei limiti all’estensione della proprietà privata e accorda un aiuto alla piccola e media impresa, sancendo così un principio di razionale sfruttamento del suolo, e gli articoli 41 e 42, che pongono dei limiti di utilità sociale all’iniziativa economica e alla proprietà privata.

La Corte Costituzionale ha riconosciuto all’ambiente un valore costituzionale, garantito e protetto, attraverso le sue diverse sentenze, portando a

“considerare l’ambiente come un valore significa che esso non solo può formare oggetto di un diritto (…) o di un principio per dirigere l’interpretazione delle leggi o dei trattati, ma che esso costituisce, proprio in quanto valore, uno degli elementi fondamentali che caratterizzano una società in un dato periodo della storia e sul quale una società fonda la sua legittimazione”.

B. CARAVITA, Diritto dell’ambiente, 2007, p.28

LA RIFORMA DEL 2001

La riforma costituzionale del 2001 ha introdotto un elemento di chiarezza per differenziare i compiti della legislazione statale e regionale nella materia. Lo Stato ha il compito esclusivo di normare sulla tutela dell’ambiente, così come previsto dalla lettera s) comma 2 dell’articolo 117, e pone con la sua azione dei limiti all’intervento regionale in materia, al fine di garantire l’unitarietà dell’azione di protezione.

L’ambiente nel nostro ordinamento è, quindi, un valore acquisito e in quest’ottica la riforma dell’articolo 9 della Costituzione, non tradotta in legge costituzionale, introducendo un terzo comma che esplicitava tra i principi fondamentali la tutela dell’ambiente, seppur non avrebbe introdotto nessun elemento nuovo, poteva dare nuova linfa alla dottrina e alla giurisprudenza.

Per quanto riguarda l’introduzione del principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione italiana, condivido quanto espresse il prof. Beniamino Caravita nel 2007, quando affermava che

“è opportuno non introdurre la nozione di sviluppo sostenibile, per la fondamentale ragione che così si cristallizzerebbe in Costituzione quella che è – nella migliore delle ipotesi – una politica ambientale caratteristica del passaggio di millennio, ma non necessariamente duratura (si tratta peraltro di una politica molto legata al rapporto con i paesi, ai quali bisogna chiedere di svilupparsi sì, ma in modo sostenibile!): il richiamo all’interesse delle future generazioni esprime comunque la medesima finalità sottesa all’idea dello sviluppo sostenibile”.

B. CARAVITA, Diritto dell’ambiente, 2007, p.31

In questo contesto si inserisce il progetto di riforma della Costituzione presentato in questa legislatura in Parlamento ed in corso di discussione. Per approfondire, si legga un mio post cliccando su questo link.