La riconversione ecologica nel PNRR: quali spazi per le istanze territoriali

La riconversione ecologica nel PNRR: quali spazi per le istanze territoriali

Questo articolo sui movimenti del NO, l’ultimo di una serie di tre, nasce dalla preparazione per la partecipazione a “Il Lunedì di Città Nuova” del 15 marzo dedicato a “Pfas nell’acqua, Terra dei fuochi e transizione ecologica. Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, prevede un’articolata ripartizione finanziaria su voci ancora molto generiche. Ma quelle voci raccontano molto di quali istanze si sono scelte, almeno fino ad ora.

Lo scorso governo scelse l’usato sicuro

La politica finora ha scelto lo sviluppo ad ogni costo. Il progresso, infatti, è visto come un’opportunità per far uscire tutti dall’indigenza. Se poteva apparire una teoria politica esatta anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, dagli anni Cinquanta in poi, si sono presentati i presagi di sventura.

La prevalenza dell’economico sul politico

La classe politica si è adagiata in questi decenni ed ha sempre subìto, più che guidato, le decisioni prese dai mercati finanziari e dai grandi gruppi multinazionali. Proprio questa debolezza, che si è tradotta in una sudditanza culturale, ci ha condotti sino alla realtà mondiale che stiamo vivendo.

Le ricadute a livello locale

A livello locale questo è evidente: le istituzioni si muovono con molta diffidenza nei confronti del movimento del NO. La maggior parte delle volte i politici appoggiano i NO quando sono all’opposizione. Poi, una volta al governo, invocano il realismo politico. I movimenti del NO, però, non cercano il consenso, ma trasparenza e coerenza. Ma queste richieste mettono in difficoltà gli equilibri locali, regionali, nazionali e, a volte, anche internazionali. Quindi, quando inizia il confronto, a volte, si giunge allo scontro. Alcune volte, purtroppo, si va oltre e le istituzioni, invece di affrontare i problemi, fanno uso della forza pubblica per bloccare le azioni di disobbedienza civile.

Il PNRR: una premessa

Per superare questa crisi, le risorse del PNRR dovrebbero essere impiegate diversamente per questa transizione, prendendo in considerazione le istanze portate avanti dai movimenti del NO. Ad accompagnare i finanziamenti ci vorrebbe un cambio dal punto di vista normativo, rafforzando alcuni istituti già introdotti nel nostro ordinamento:

  • la trasparenza nelle procedure decisionali e nella condivisione dei dati della Pubblica Amministrazione;
  • la partecipazione alle decisioni sulle opere che hanno un impatto sui territori che vada oltre l’art. 22 (Dibattito pubblico per le grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente) del D.Lgs. 50/2016, il quale, comunque è molto limitato, proprio per evitare i movimenti del NO, così come disciplinato dal DPCM n.76 del 10 maggio 2018.

Il PNRR, una proposta

Nella versione del PNRR del precedente governo, i finanziamenti provenienti dall’iniziativa Next Generation EU sono stati nominalmente orientati alla costruzione di un Green New Deal. Nel documento, però, non trovano spazio le bonifiche, ma la transizione ecologica appare una tecnologizzazione delle scelte sviluppate negli Novanta e nel primo decennio scorso. Se il testo dovesse rimanere invariato rispetto ai punti da finanziare, due sono le voci che potrebbero essere importanti per la gestione corretta dei rifiuti e le bonifiche:

  • il punto 2.2 “Energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile”, M2C2, per la “chiusura del ciclo dei rifiuti”, che allo stato attuale è in continuità con le soluzioni del passato;
  • il punto 2.4 “Tutela del Territorio e della risorsa idrica”, M2C4, ma la voce non tratta la bonifica dei fiumi e delle falde idriche, ma solo un doveroso intervento per sanare le perdite degli acquedotti, arrivate ad una media superiore al 40%.

La decisione ora è in mano al governo Draghi, che potrà decidere quale strada intraprendere, segnando il prossimo futuro in modo decisivo.