Le elezioni americane e… Greta Thunberg

Le elezioni americane e… Greta Thunberg

Le elezioni americane del 5 novembre fra Kamala Harris e Donald Trump hanno polarizzato gli elettori americani e tutto il mondo. Chiunque vincerà non cambierà nulla per la soluzione della crisi ecologica e climatica in cui viviamo. Ma determinerà quello che succederà politicamente dal 2025 sia negli Stati Uniti sia a livello internazionale.

Greta Thunberg su X

Una visione che viene riassunta dalla giovane Greta Thunberg in un post del 2 novembre, in cui spiega che, qualsiasi sia l’inquilino della Casa Bianca, le cose non cambieranno. Seguiranno una strada già segnata da una visione “imperialista” e “ipercapitalista”, continuando a edulcorare l’emergenza umanitaria e climatica.

La giovane entra direttamente in questa polarizzazione. Lo fa cercando di politicizzare la ricerca di un’uscita dalla crisi attraverso la partecipazione e la critica nonviolenta.

Meglio lasciare spazio alla traduzione in italiano del post della fondatrice dei Fridays For Future su X per poter capire il suo punto di vista, molto interessante:

“Quest’anno abbiamo visto molte elezioni decisive in tutto il mondo. Il 5 novembre è il momento di andare alle urne per uno dei paesi più potenti al mondo, gli Stati Uniti. Probabilmente è impossibile sopravvalutare le conseguenze che questa specifica elezione avrà per il mondo e per il futuro dell’umanità.

Non c’è dubbio che uno dei candidati – Trump – sia molto più pericoloso dell’altro. Ma non importa se Trump o Harris vincono, gli Stati Uniti – un paese costruito su terra rubata alle popolazioni indigene e sul loro genocidio – saranno ancora una potenza mondiale imperialista e ipercapitalista che alla fine continuerà a portare il mondo in un luogo razzista e disuguale con un’emergenza climatica e ambientale sempre più crescente.

Con questo in mente, il mio messaggio principale agli americani è di ricordare che non puoi accontentarti solo dell’opzione peggiore. La democrazia non è solo ogni quattro anni il giorno delle elezioni, ma anche ogni ora di ogni giorno nel mezzo. Non puoi pensare di aver fatto “abbastanza” solo votando, specialmente quando entrambi i candidati hanno le mani sporche di sangue.

Non dimentichiamo che il genocidio in Palestina sta accadendo sotto l’amministrazione Biden e Harris, con denaro e complicità americani. Non è in alcun modo “femminista”, “Progressista” o “umanitario” bombardare bambini e civili innocenti – è l’esatto contrario, anche se è una donna in carica. E questo è ovviamente un esempio tra i tanti dell’imperialismo americano. Non riesco a capire come alcuni possano persino fingere di parlare di valori umanitari, senza nemmeno mettere in discussione il proprio ruolo nell’ulteriore profonda oppressione globale e nei massacri di interi paesi.

Quindi, americani, dovete fare tutto ciò che è in vostro potere per combattere questa estrema ipocrisia e le conseguenze catastrofiche dell’imperialismo americano su scala globale. Sentirsi a disagio, riempire le strade, bloccare, organizzare, boicottare, occupare, denunciare esplicitamente coloro che sono al potere, le cui azioni e inazione portano alla morte e alla distruzione. Unisciti e sostieni coloro che stanno resistendo e guidando il cambiamento. Niente di meno sarà mai accettabile.”

Dopo l’11 settembre, tutto è cambiato

Il percorso intrapreso dopo l’11 settembre 2001, e tutti gli errori commessi, come ammesso dallo stesso presidente Biden, è ancora vivo. Neanche la presidenza Obama, con tutta la carica ideale che l’ha guidata, è riuscita a cambiare rotta agli errori commessi. Forse perché non sono errori, ma scelte dettate dal complesso militare-industriale, che assieme al potere finanziario, muove attualmente gli USA. Il presidente Eisenhower aveva avvertito già nel 1961, nel discorso d’addio alla nazione del 17 gennaio, del pericolo implicito ai legami fra potere politico, industria bellica e militari. A cui oggi bisogna aggiungere il potere finanziario.

L’illusione dell’accordo di Parigi sul clima del 2015 è stato solo un lampo di speranza, in un mondo alla ricerca di un nuovo equilibrio. La guerra, purtroppo, è entrata nella quotidianità e sta avvelenando tutte le democrazia occidentali a partire dalla guerra in Afghanistan nel 2001.

L’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021 è stato l’ultimo dei segni della cultura di guerra, che ha preso il sopravvento sulla cultura costituzionale.

Le due anime degli Stati Uniti

L’America ha due anime, una devastatrice del mito della frontiera e una libertaria e democratica della Costituzione. In questo Ventennio, il rigurgito autoritario e devastatore ha preso il sopravvento:

Il sentimento di ansia che pervade l’immaginario americano è quello della fine dell’impero, di un’apocalisse che pervade anche la produzione di serie e film americani, oltre che dei videogiochi sempre più realistici e violenti. Questo contribuisce a polarizzare il dibattito si è polarizzato sia internamente che esternamente.

L’aumento degli investimenti in armi rappresenta l’anticamera della guerra, prepara al confronto armato internazionale, spegne qualsiasi possibilità di risoluzione pacifica delle controversie e di reale di conversione ecologica e pacifica dell’industria, dell’economia e della finanza.

Il futuro dell’umanità sul pianeta è a rischio

La scelta di chiudersi nella fortezza occidentale, screditando ed indebolendo l’ONU e il diritto internazionale, ha posto gli Stati Uniti, qualsiasi sia l’inquilino alla Casa Bianca, nella posizione di agire sempre con la forza per dirimere le controversie internazionali. La crisi ecologica e climatica non avranno uno spazio prioritario nella prossima agenda di entrambi i candidati. Sosterranno il turbo capitalismo finanziario attraverso processi e procedure Green che possano divenire barriere commerciali ai prodotti dei paesi concorrenti.

Purtroppo, la transizione ecologica appare sempre più uno strumento per sostenere uno sviluppo insostenibile, perché il presupposto principale per il cambiamento è la costruzione di un’economia di pace. In questo senso vanno le affermazioni di Greta Thunberg, che invita i giovani a far sentire pubblicamente il loro dissenso, non limitando la loro partecipazione alla vita politica una volta ogni quattro anni.