Riproporre la funzione sociale della proprietà

Riproporre la funzione sociale della proprietà

Il titolo di questa parte dell’enciclica rappresenta un programma per la conversione ecologica: è necessario riproporre la funzione sociale della proprietà privata. Un paragrafo sulla dignità di ogni persona. L’indicazione di una via per costruire lo sviluppo integrale.

Sono due i post che ho voluto citare per fissare il significato che il pontefice attribuisce all’espressione “riproporre la funzione sociale della proprietà”. Qui condivido il primo:

Di nuovo faccio mie e propongo a tutti alcune parole di San Giovanni Paolo II, la cui forza non è stata forse compresa: «Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno».[94] In questa linea ricordo che «la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata».[95] Il principio dell’uso comune dei beni creati per tutti è il «primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale»,[96] è un diritto naturale, originario e prioritario.[97] Tutti gli altri diritti sui beni necessari alla realizzazione integrale delle persone, inclusi quello della proprietà privata e qualunque altro, «non devono quindi intralciare, bensì, al contrario, facilitarne la realizzazione», come affermava San Paolo VI.[98] Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società. Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongono al di sopra di quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica.

Paragrafo 120

La destinazione universali dei beni comuni

La terra è di tutti e ognuno ha diritto a viverci dignitosamente. Ma la proprietà privata, spogliata della sua funzione sociale, si è trasformata in uno strumento di esclusione e di creazione di povertà e miseria. Aver trasformato la proprietà privata in un diritto fondante della società occidentale, ha distrutto la possibilità di accesso universale ai beni comuni. La funzione sociale ormai è oscurata dalla privatizzazione dei beni naturali essenziali alla vita: l’ultimo bene privatizzato è l’acqua, quotata in borsa in California come una merce qualunque. La stessa sorte è già toccata alla terra, agli animali, alle piante, trasformate in risorse della produzione e trattate come beni di consumo esclusivo di una parte e non destinati universalmente agli esseri viventi. La poprietà privata è divenuta una chiusura egoistica. Un’accumulazione che priva il prossimo di poter godere della sua parte di terra per vivere.

L’accumulazione è il vero male

Accumulare beni è il più grande problema del nostro tempo. Tutto si basa sul possesso e sulla quantità. Chi possiede beni che potrebbero sfamare innumerevoli generazioni future della propria famiglia, ha tolto quei beni ai poveri del mondo. Inutile pensare che si possa riequilibrare la situazione con un po’ di beneficienza. Le briciole che cadono dal tavolo imbandito dei ricchi non riescono a sfamare chi muore di fame, anzi creano la figura falsa sulla bontà filantropica dei potenti del mondo. Si crea un corto circuito per cui, chi è causa della povertà, si propone anche come soluzione. Considerati esempi da imitare, incoraggiano con il loro esempio la competizione, lo scontro e la meritocrazia ad ogni costo. Ma la costruzione di una nuova società passa dalla riscoperta della funzione sociale della proprietà. permettendo a tutti l’uso universale dei beni.

La fraternità come soluzione al male

I paesi in via di sviluppo sono ricchi di beni naturali. Ma rendono più ricchi i paesi già ricchi! Questo genera povertà in paesi che avrebbero tutte le risorse per vivere dignitosamente. Ma il vantaggio “competitivo” raggiunto dall’Occidente ha garantito un benessere che vive sulle spalle dei poveri. Il problema più grande è come uscire da questa trappola nella quale ci siamo chiusi, erigendo un muro fatto di armi sempre più tecnologiche. Ci troviamo di fronte ad una scelta non più rinviabile: costruire faticosamente la fraternità internazionale o affrontare un futuro fondato sulla guerra, con l’alto rischio della fine della civiltà umana. Perché ormai non possiamo più ragionare con le categorie del passato, la guerra non è più limitata geograficamente. Il suo impatto, soprattutto con la presenza sempre più pericolosa delle armi nucleari e l’uso di LAWS, non permette leggerezze. Scegliere la fraternità, con tutte le difficoltà che ne conseguono, vuol dire scegliere nuovamente di proporre la funzione sociale della proprietà privata. Significa promuovere la conversione ecologica integrale per un mondo migliore.