Nel “Werther” di Goethe, nell’“Iperione” di Hölderlin e nel “Perdigiorno” di Eichendorff, la natura assume la funzione di consolatrice dell’uomo moderno che subisce una realtà progressista che ha stravolto i vecchi legami sociali, sostituendoli con un produttivismo industriale esasperante, che ha portato al trionfo dell’industria sulla natura stessa. Il giovane Werther è il rappresentante del sentimento di incapacità di poter trasformare il periodo storico in cui vive, con l’avanzata della rivoluzione industriale e la prossimità della rivoluzione francese, ma rappresenta anche una visione alternativa a quella scientifica ed utilitaristica che puntava allo stravolgimento del rapporto fra uomo e natura. In Iperione, il tema della libertà individuale e di popolo si unisce ad visione panteistica della natura, considerandola una madre consolatrice tradita dal razionalismo dell’uomo borghese. Meno impegnato e più sognatore è, invece, il giovane vagabondo di Eichendorff, che sembra il ritratto dei giovani del Movimento Giovanile Tedesco. Al lavoro per sopravvivere, l’autore contrappone l’idea di una “eterna domenica del cuore” fatta di vita errabonda a contatto con la natura, che rifiuta le comodità di una vita borghese priva di libertà.
Alla fine del XIX secolo, l’annunciata crisi del rapporto fra uomo e natura, per l’incapacità umana di ristabilire un equilibrio con se stesso, schiavo del lavoro, e con la natura, che iniziava ad essere inquinata dell’attività delle fabbriche, portò alcuni autori ad immaginare nuovi equilibri, invocando la nascita di un uomo nuovo, capace di superare le incapacità morali e metafisiche del vecchio. Parlando una lingua comune ai giovani sia Nietzsche, con il suo Così parlò Zarathustra, sia Hermann Hesse, con i suoi Hermann Lauscher, Peter Camenzind, Knulp e Demian, tracciarono la strada per l’uomo nuovo. Zarathustra divenne il fustigatore della società borghese e cristiana, ritenuta responsabile della sottomissione della natura all’uomo. Hesse sarà capace di parlare una lingua comune ai giovani del Novecento grazie ai suoi personaggi, quasi tutti vagabondi per amore della natura, descrivendo il rapporto mistico che apre ad una nuova religiosità naturale in cui il cristianesimo non aveva più spazi.
In questo percorso, un posto importante ha il filosofo Ludwig Klages con il suo saggio L’uomo e la terra, con il quale anticipò le tematiche fondamentali della filosofia della crisi ecologica. Queste idee naturaliste saranno alla base del pensiero di Martin Heidegger, che oltre a Klages, fu preceduto da Oswald Spengler e Rudolf Steiner.
Spengler riuscì con il suo Il Tramonto dell’Occidente, a dare una visione organicistica della storia, fortemente critica nei confronti della tecnologia, criticando la fede nel progresso e nello sviluppo lineare ed infinito dei popoli, rendendoli consapevoli che il rapporto centro-periferia era alla base della distruzione del legame dell’uomo con la natura.
Negli stessi anni Venti, l’Antroposofia di Steiner fu la base ideologica ed esoterica sulla quale furono costruite le basi per la nascita di un’agricoltura rispettosa della natura, l’agricoltura biodinamica.