Un articolo del 4 marzo di Antonio Scurati, uscito su “la Repubblica”, mi ha fatto riflettere per il contenuto inneggiante allo spirito guerriero, che l’autore esalta come spirito di civilizzazione. Una “lucida” esaltazione dello spirito di guerra che tante morti e dolore sta seminando in tutto il mondo.
Rearm Europe
L’articolo è arrivato puntualmente mentre si palesava la proposta di Rearm Europe della Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, inviata ai leader Ue il 4 marzo. Un documento in cinque punti per la difesa ed il riarmo che vale 800 miliardi di euro, approvata ad unanimità il 6 marzo dai leader europei, che hanno accolto con favore il derogare al Patto di stabilità per le spese militari.
Come ha affermato il presidente della Commissione europea, si è reso necessario
“Perché la questione non è più se la sicurezza dell’Europa sia minacciata in modo molto reale. O se l’Europa debba assumersi maggiori responsabilità per la propria sicurezza (…) per rispondere all’urgenza a breve termine di agire e sostenere l’Ucraina, sia per affrontare la necessità a lungo termine di assumersi molta più responsabilità per la nostra sicurezza europea“.
Press statement by President von der Leyen on the defence package Rearm Europe
Il discorso, come scrive Enzo Di Salvatore, tradisce lo spirito dell’Unione Europea, lanciando la decisione di finanziare con il programma Rearm Europe l’industria delle armi attraverso l’investimento complessivo di 800 miliardi di euro non per “raggiungere e mantenere la pace”, ma per blindare e armare “per la guerra”.
La nuova politica europea di questi giorni, come spiega bene Carlo Cefaloni, è stata scatenata da scelte di decenni che hanno saputo ben sfruttare il nuovo “incubo” propagandistico che si coglie nelle parole della von Der Leyer: la possibile e probabile invasione dell’Europa da parte della Federazione Russa se non ci armiamo.
Ci siamo dimenticati tutta la narrazione “falsata” sulla guerra ucraina di questi tre anni tragici.
L’articolo guerrafondaio
Scurati è solo un megafono di questa nuova urgenza e lo fa bene il suo compito, in un passaggio del suo articolo:
“la principale carenza europea rispetto alla possibilità di combattere autonomamente una guerra difensiva: la mancanza di guerrieri. Come, purtroppo, le recenti carneficine ucraine (e mediorientali) hanno tragicamente dimostrato, anche le guerre tecnologicamente più evolute necessitano di guerrieri. E noi europei d’Occidente non li abbiamo, non lo siamo, non lo siamo più.(…) Mi riferisco alla svanita combattività di popoli da otto decenni pacificati, demograficamente invecchiati e profondamente gentrificati. Per fare la guerra, anche soltanto una guerra difensiva, c’è bisogno di armi adeguate ma resta, ostinato, intrattabile, terribile, anche il bisogno di giovani uomini (e di donne, se volete) capaci, pronti e disposti ad usarle. Vale a dire di uomini risoluti a uccidere e a morire.”
Letto e riletto, mi ha fatto ritornare alla memoria intellettuali e politici interventisti e fascisti italiani, come D’Annunzio e Mussolini, con i toni futuristici alla Marinetti e intellettuali della rivoluzione conservatrice della Germania di Weimar, come von Salomon e Junger, riprendendo anche il pensiero crepuscolare di Spengler. Un pensiero romantico esoterico e nichilista, lontano dal pensiero progressista, che ha posto le basi per la tragedia degli autoritarismi e del secondo conflitto mondiale.
L’errore degli intellettuali contemporanei è di non riuscire a leggere la storia delle due guerre mondiali. Restano chiusi nell’idea del male necessario, espressione che prendo a prestito da Massimo Borghesi, affascinati dall’etica del superuomo guerriero che già contaminò i giovani romantici ed alternativi di inizi del Novecento, i Wandervogel.
Scurati e tutti i cultori della guerra come male necessario sono ancora chiusi lì, nell’azzardo italiano del 1915, come ben scrive Gian Enrico Rusconi, assieme al complesso militare industriale e alla paura borghese del primo dopoguerra, che ci consegnò agli autoritarismi di destra.
Scrittura che glorifica la guerra, senza timore
Una scrittura che esalta la guerra, dimenticando il significato del post-1945 e dell’esplosione della bomba atomica. La guerra doveva essere superata attraverso il diritto internazionale, strumento principale per costruire la pace. La nascita dell’ONU era il frutto del mai più unilateralismo. Mai più chiusure. L’errore degli anni Venti e Trenta di aver denigrato e distrutto la Società delle Nazioni non si sarebbe dovuto ripetere. Invece, eccoci qua.
L’autore dell’articolo conclude anche disconoscendo e alterando, direi quasi piegando al suo intento, il significato della guerra partigiana in Italia, il cui spirito è tutto racchiuso nella nostra bellissima Costituzione. Ignora volutamente il fatto che l’articolo 11 è il lascito migliore della Liberazione, del patriottico 25 aprile. I partigiani dovettero combattere per contribuire alla liberazione dell’Italia. Ma, memori della tragedia e dell’inutilità della guerra, decisero di costruire un paese che fosse in grado di rinunciare a qualsiasi tentazione autoritaria e del pensiero unico bellicista, slogan intelligente di Nico Piro.
L’errore di glorificare la guerra
Non si può glorificare lo spirito guerriero e la guerra. Nel XXI secolo, la guerra può essere solo il frutto della follia. Non c’è nulla di eroico nella guerra, dove i soldati ed i civili muoiono sotto missili lanciati da centinaia di chilometri oppure colpiti dai droni e dai LAWS, le armi autonome letali, capaci di selezionare e attaccare gli obiettivi senza che vi sia alcun intervento da parte dell’uomo.
Una piazza per l’Europa di von Der Leyen, Serra e Scurati? Anche no.
L’articolo di Scurati appare come risposta alla presa di posizione dei movimenti pacifisti che hanno criticato l’articolo di Michele Serra “Una piazza per l’Europa”, uscito sempre su La Repubblica. Un articolo “sentimentale”, come lo definisce lo stesso autore, che convoca una piazza per chiedere:
“Esiste ancora il concetto politico-strategico di “Occidente” nel quale sono cresciute le ultime generazioni di — appunto — occidentali? Che fine farà l’Europa, che oggi ci appare il classico vaso di coccio tra due vasi di ferro, per giunta ricolmi di bombe atomiche? Sopravviverà la way of life europea a questa stretta, che mette in discussione ciò che banalmente chiamiamo democrazia, ovvero separazione dei poteri, diritti e doveri uguali per tutti, libertà religiosa e laicità dello Stato, pari dignità e pari serenità per chi è al governo e chi si oppone?”
Scurati prosegue questo discorso e rilegge la storia contemporanea, rilegge il 25 aprile 1945, piegandolo alla narrazione della guerra partigiana come liberazione dell’autoritarismo, estrapolandola dal contesto storico in cui è avvenuta e ponendola a servizio della guerra Ucraina. Lo spirito è quello di cancellare il superamento dello strumento della guerra come modalità di risoluzione delle controversie internazionali. L’autore appare più appassionato alla provocazione revisionista, come si può evincere da questo passaggio:
“Resta il fatto che non siamo più dei guerrieri. Il pacifismo è stata una rivoluzione culturale, e va meditato, rispettato ma non potrà mai diventare una piattaforma politica. Per tutti questi motivi, l’imminente ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo, acquisito una volta e per tutte il ripudio di ogni guerra aggressiva, nazionalista, imperialista, dovrebbe essere un passaggio cruciale affinché l’Europa ritrovi lo spirito combattivo e, con esso, il senso della lotta. Fummo allora, noi europei d’occidente, per l’ultima volta guerrieri. La Resistenza antifascista ci ricorda perché ripudiammo la guerra ma ci insegna anche le ragioni per prepararci, se necessario, a combatterla.”
L’inaccettabilità del Rearm Europe
Senza una politica di difesa comune, con le industrie europee di produzione delle armi che si fanno la concorrenza fra loro sui prodotti da esportare, questa valanga di soldi finirà per distruggere l’Europa unita sotto i colpi degli egoismi nazionali. Un sistema di difesa comune permetterebbe di risparmiare fondi per la difesa, non aumentarli, in base alle economie di scala.
Questa scelta distruggerà il welfare, il sistema sanitario universale e la scuola di qualità per tutti. in continuità con questi ultimi venti anni.
Si prospetta un disastro, il cui prezzo verrà pagato sempre dai fragili, dai poveri, dai giovani, dagli anziani.

In questa prospettiva nichilista, si affaticano intellettuali e politici di area democratica e di sinistra, per promuovere una nuova leva interventista e di riarmo, tradendo la Costituzione.
L’eroicità di non essere più guerrieri, ma esseri umani
L’eroicità, oggi, è costruire, fuori dai riflettori social, le vie diplomatiche della pace fatte da compromessi e accordi fra le diverse parti. La retorica della guerra sta incentivando lo sperpero delle risorse che sarebbero invece necessarie nei prossimi anni per la costruzione della transizione ecologica europea.
Una difesa comune è necessaria ma deve essere costruita nello spirito di una difesa. L’esercito e l’industria delle armi devono essere al servizio della difesa e del mantenimento della pace. Deve essere capace di costruire e sostenere una diplomazia internazionale basata sul peace keeping. Non deve essere una difesa aggressiva per proteggere il nostro benessere ai danni degli altri. Come è avvenuto fino ad oggi, con le conseguenze che vediamo.
Ultimo pensiero agli eroi. Sono tali le persone che continuano a vivere nonostante le difficoltà economiche, che cercano di sopravvivere in un paese che sta divenendo sempre più solo per benestanti. Sono loro, i poveri e gli ultimi, i dimenticati dalla politica. Sono loro che sostengono il peso dello sforzo bellico, pagandone le conseguenze. Come dimostra la popolazione civile ucraina, palestinese di Gaza e della Cisgiordania, congolese.