Terra dei fuochi: sentenza CEDU e condanna dell’Italia

Terra dei fuochi: sentenza CEDU e condanna dell’Italia

La sentenza pilota della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del 30 gennaio 2025 ha condannato l’Italia a porre in essere entro due anni un piano e le conseguenti azioni per la bonifica della Terra dei fuochi.

Alcune domande per capire la questione

Perché il nostro paese non è riuscito a fare un piano efficace fino ad oggi, a distanza di 20 anni, può riuscirci in 2?

Perché 90 comuni, 56 della provincia di Napoli e 34 di Caserta, con circa 2,9 milioni di abitanti, non sono un “Sito di Interesse Nazionale” per le bonifiche?

Perché l’inceneritore di Acerra fu ritenuta una infrastruttura strategica per risolvere la crisi dei rifiuti, mentre poco è stato fatto per la Terra dei fuochi?

Il Governo sta ragionando sul ricorso. Invece di ricorrere perché non ottempera? Forse, azzardo un’ipotesi, nessuno vuole realmente gestire, usare e riusare i rifiuti. Si preferisce continuare con la favola che basta un inceneritore per risolvere tutto, anche il problema dello smaltimento illecito! Invece bisogna bonificare prima e poi non bruciare, neanche con gli inceneritori, perché bruciare è sempre dannoso alla salute e all’ambiente.

La sentenza CEDU

La CEDU nel caso Cannavacciuolo e Altri contro Italia (ricorso 51767/14 e altri) si è pronunciata sull’inattività dello Stato rispetto alla situazione di grave inquinamento ambientale che ha colpito il territorio della “Terra dei Fuochi”.

Il dispositivo della sentenza si basa sulla violazione da parte del nostro paese dell’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sul diritto alla vita. Lo Stato ha messo a rischio, secondo la sentenza, la vita delle persone non proteggendole da un sistema illecito di smaltimento dei rifiuti.

Le istituzioni sapevano dagli anni Novanta, grazie al lavoro dell’ispettore di polizia Roberto Mancini. Nel 1996 consegnò un’informativa che rimase chiusa per 15 anni in un cassetto sui rifiuti che venivano abbandonati, seppelliti e bruciati nel casertanosenza badare alla loro pericolosità. Il sistema, gestito dalla criminalità organizzata, ha offerto servizi di smaltimento illeciti, ma convenienti per il mercato, senza alcuna cura per i cittadini dei territori.Questo ha provocato l’aumento di incidenza di patologie di varia natura, inclusi i tumori. Questo è dimostrato dallo studio scientifico del dicembre 2020 frutto della collaborazione fra l’Istituto Superiore di Sanità e la Procura della Repubblica di Napoli Nord.

La Corte di Strasburgo per queste ragioni ha eccepito la violazione del diritto fondamentale alla vita.

L’impegno di uomini delle istituzioni e di Legambiente

La terra dei fuochi divenne tristemente “famosa” con il rapporto del 2003 di Legambiente sulle ecomafie, scritto raccogliendo le denunce dei circoli presenti sul territorio. Questi avevano dato credito alle prime denunce politiche sulle infiltrazioni camorristiche nello smaltimento illegali dei rifiuti degli anni Novanta da parte di forze politiche e associative locali che trovarono spazio sui giornali locali.

Articolo del 1989, tratto da Wikipedia, fonte: https://www.angelogenovese.it/rifiuti_campania/19890430_RifiutiPCI.jpg

Nonostante, quindi, la conoscenza del fenomeno si sono succeduti molti governi nazionali e regionali senza che nessuno sia riuscito a porre fine a questa illegalità diffusa, proprio come sottolinea il dispositivo della sentenza di condanna dell’Italia. Le stesse commissioni parlamentari che si sono succedute nelle diverse legislature non sono riuscite a tradurre in Parlamento le notizie e conoscenze assunte sul fenomeno illegale e pericolo per la vita umana in norme penali capaci di mettere le autorità nella condizione di combattere l’illegalità e proteggere la salute e la vita delle persone residenti. Le stesse informazioni sui rischi per gli abitanti sono state tardive. Tutte queste ragioni sono alla base della decisione assunta dalla CEDU. 

Il buon senso della sentenza CEDU

La Corte ha considerato l’attività illegale di inquinamento, per durata e diffusione territoriale, un rischio imminente e reale per la vita umana. Lo Stato aveva l’obbligo di salvaguardare la vita dei residenti valutando il fenomeno, l’estensione della contaminazione, analizzando i fatti al fine di creare i presupposti per intervenire. Invece le istituzioni italiane non hanno agito tempestivamente, se non per la costruzione e messa in opera dell’impianto di incenerimento di Acerra.

La sentenza ha condannato la lentezza e l’inefficacia statale. Le procedure burocratiche e la lunga durata dei processi penali verso chi ha illecitamente lucrato, hanno creato i presupposti per la prescrizione di molti reati..

Il ministro Pichetto Fratin tra ricorso (?) e bonifica (!)

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, in audizione presso la Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività connesse al ciclo dei rifiuti e su altri illeciti ambientali e agroalimentari il 13 febbraio ha spiegato che

“quanto fin qui fatto per la cosiddetta ‘Terra dei Fuochi’, obiettivamente non è sufficiente” ed occorre “dare un ulteriore slancio alle azioni di risanamento con maggiore rapidità come ci ricorda anche la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, sulla quale comunque è in corso di valutazione la proponibilità di un ricorso”

Il Ministro ha ricordato che:

“l’area della ‘Terra dei Fuochi’ non è identificata quale Sito di Interesse Nazionale e pertanto, la competenza per la procedura di bonifica non è attribuita al Ministero, ma alla Regione Campania”. Mentre la posizione del ministro appare in continuità con il passato, si stanno portando avanti le attività di perimetrazione del nuovo SIN dell’Area vasta di Giugliano, stabilita nel 2020, con “l’impegno del Ministero (…) di addivenire rapidamente ad una positiva conclusione della perimetrazione del SIN, al fine di dare un segnale immediato al territorio e anche alle richieste della stessa Corte europea”.

La centralità delle bonifiche per la conversione ecologica

La questione delle bonifiche delle aree inquinate, partendo dalle SIN, è ormai un’emergenza nazionale. L’inattività non riguarda solo la Campania, ma tutta Italia, e la pronuncia della Corte potrebbe aprire la strada ad altri ricorsi a cui il nostro paese presterebbe il fianco per la prolungata inattività. Bisognerebbe ascoltare la campagna nazionale lanciata il 27 novembre dello scorso anno da Azione cattolica, Acli, Agesci, Arci, Legambiente e Libera, dal titolo “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato”. In sei tappe, in alcuni luoghi simbolo dell’ingiustizia ambientale e sociale italiano, cercano di sensibilizzare le istituzioni, le autorità e la popolazione al principio “chi inquina paga”. Le associazioni affermano che “bonificare le aree inquinate significa garantire quel diritto alla salute, all’ambiente sano e allo sviluppo locale nell’ottica della transizione ecologica (…). Inoltre, attivare un piano di risanamento può portare anche a benefici occupazionali ed economici. Secondo una stima di Confindustria, un investimento di 10 miliardi di euro nelle bonifiche dei SIN potrebbe creare 200mila nuovi posti di lavoro”. La conversione ecologica è la strada corretta per costruire un futuro per le prossime generazioni creando lavoro sia professionale, sia più elementare. Le risorse dovrebbero essere investite anche in questo comparto cruciale per 

Una previsione da scongiurare

Ritornano come un monito alla memoria le parole riportate in un articolo online di Citta Nuova dell’11 ottobre 2013 pronunciate dall’allora governatore della Campania Stefano Caldoro, il quale spiegò che sarebbero “serviti 80 anni per bonificare i territori dell’area Nord di Napoli”, con una conclusione che sembra non smentita dai fatti: “per l’inquinamento dell’area la bonifica non sarà completa prima del 2050 e, per quanto riguarda il percolato, senza avviare gli interventi, dovremmo aspettare fino al 2080”, concludendo con la considerazione che “sono solo aree specifiche della Campania, ma è un’emergenza nazionale”.

La falsa soluzione degli inceneritori per trattare la risorsa rifiuti

L’Italia, nel primo decennio del XXI secolo, preferì la soluzione industriale, pensando di risolvere la questione dello smaltimento dei rifiuti e, di riflesso, la situazione della Terra dei fuochi, con la costruzione dell’inceneritore di Acerra.

L’impegno sia del centro-sinistra con il Governo Prodi, sia del centro-destra con il governo Berlusconi si concentrò sulla sua costruzione. Commettendo un errore con la militarizzazione dell’area divenuta un’infrastruttura critica di interesse strategico nazionale, spegnendo qualsiasi sano percorso di contestazione democratica.

La soluzione delle bonifiche

L’atteggiamento istituzionale deve cambiare e deve comprendere che i rifiuti sono una risorsa. Non deve essere incenerita.

I siti inquinati devono essere bonificati e la bonifica è un costo, ma anche un investimento sul futuro delle persone e del paese.

Gli sversamenti sono anche la conseguenza di un atteggiamento che predilige il profitto ad ogni costo invece di mettere al primo posto la salute delle persone e l’unicità e sacralità della vita.

Foto in copertina di “Associazione Culturale Voce per Tutti” prelevata da Wikipedia (Licenza CC BY SA)

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