Filosofia della crisi ecologica

Una sintesi di filosofia della crisi ecologica e della sua evoluzione. Un percorso breve, solo per farsi un’idea, per comprendere il rapporto culturale profondo che lega la natura e l’essere umano. Per approfondire, cliccate sui link e navigate nelle relative pagine.

Mondo antico

La cultura occidentale ha iniziato il percorso con i Greci ed il loro concetto di hybris e con i Romani, con l’enfasi sull’homo faber. L’avvento del Cristianesimo ha portato un cambiamento profondo in questa linearità che continuò nel Medioevo, affiancando alla responsabilità del custode l’amore verso il creato.

Medioevo

Nel Medioevo iniziò il percorso di trasformazione del rapporto, da timoroso e riverente a dominativo. Dal XVI secolo le scoperte scientifiche e tecnologiche trasformarono la natura in una risorsa da sfruttare e sottomettere allo sviluppo, aprendo la strada alla contemporaneità. Questa scelta culturale è stata contrastata da una narrazione alternativa e anti-scientifica dal Romanticismo con la riscoperta della natura e della sua sacralità. Ma in questo percorso rimane ancora inascoltata la voce del custode responsabile che ama la natura perché parte di essa, senza venerarla come una divinità. Perché venerando la natura e odiando l’essere umano, si apre la strada a posizioni anti-umane che non aiuteranno a costruire un mondo migliore. Esse alimenteranno solo una nuova ideologia “sviluppista”.

La nascita del concetto di crisi ecologica

L’evoluzione storica del rapporto fra uomo e natura che ha portato alla crisi ecologica è stata ben ricostruita dal filosofo tedesco Vittorio Hösle. Nel suo lavoro “Filosofia della crisi ecologica” (1992) distingue cinque fasi del rapporto sulla base della progressiva separazione della natura dalla soggettività:

  1. Le civiltà arcaiche consideravano la natura nella sua interezza come una divinità a cui l’uomo cercava di adattarsi attraverso una tecnica casuale, che non gli permetteva di emancipare la propria soggettività dalla tribù, per il timore verso l’ostilità dell’ambiente circostante.
  2. Le civiltà pregreche, attraverso lo sviluppo dell’agricoltura, della tecnica artigianale accompagnata dalla nascita della scienza, iniziarono un percorso di emancipazione.
  3. I greci si differenziarono dagli antichi per la speculazione filosofica sulla natura che gli permise di penetrare ed elaborare un rapporto razionale con le divinità naturali.
  4. Il cristianesimo influenzò il quarto periodo, in quanto introdusse il concetto di creato e del dono della terra agli uomini, custodi responsabili della stessa e non più sottomessi ad essa ed alle sue forze pagane.
  5. Nel medioevo, questa ritrovata libertà dell’essere umano, preparò la strada al quinto ed ultimo concetto, espresso in maniera chiara da Cartesio, il quale, secondo Hösle, delineò il significato attuale di natura attraverso il costruttivismo del sapere moderno che, basato sul principio del verum factum, trasformò la natura in un elemento da sottomettere.

Il dominio della tecnica sulla natura

Il confronto dialettico successivo fra scienza della natura e tecnica moderna, vide un prevalere dello sfruttamento delle risorse naturali rispetto alla responsabilità umana di custode. Costruendo così le basi di una crisi che riguarda tutto il creato, compresi noi custodi, in quanto l’essere umano è parte della natura dominata. Questo disequilibrio rivolto verso l’esterno, una volta portato a termine, si rivolgerà necessariamente contro la stessa umanità, creando una dinamica distruttiva: il dominio dell’uomo sull’uomo.