Il passaggio dall’ora legale a quella solare in autunno e viceversa in primavera, risponde al bisogno di risparmiare energia. Storicamente è un’eredità della Prima Guerra Mondiale. Ha ragione ancora di esistere? Qualche dato, oltre al ricordo del primo tentativo europeo di rimuoverla nel 2018.
Come nasce l’idea?
Nel 1916, nel corso della Prima Guerra Mondiale, alcuni paesi europei decisero di spostare un’ora avanti le lancette dell’orologio in estate per ridurre il consumo di energia, necessaria per la fabbricazione delle armi. Si iniziò in Germania ed Inghilterra. La scelta venne successivamente adottata anche da altri paesi europei, come l’Italia. Questa consuetudine fu reintrodotta gradualmente dalla fine degli anni Sessanta fino agli anni Ottanta e fu disciplinata, in ultimo, dalla UE nel 2001. L’orario è stato adottato in modo uniforme in tutti i paesi europei attraverso un calendario comune del passaggio dall’ora solare all’ora legale e viceversa. Questo fu fatto soprattutto per evitare problemi negli scambi economici. Ma negli ultimi anni soprattutto i paesi del nord Europa non ritengono che i benefici elettrici siano rilevanti.
L’ora legale ci fa risparmiare energia?
La UE in questi anni ha discusso politicamente sui benefici di questa scelta. L’utilizzo di tecnologia a basso consumo, come LED ed elettrodomestici efficienti, ha diminuito di molto il risparmio dovuto all’introduzione dell’ora legale. Però, come dimostrano i dati di Terna, dal 2004 al 2022 il nostro Paese ha risparmiato circa 2 miliardi di euro e 10,9 miliardi di kWh di elettricità! Quindi per i paesi del sud dell’Europa è sicuramente una scelta conveniente e capace di aiutare la transizione ecologica.
I vantaggi sono sia per l’economia, con il risparmio energetico per le famiglie e le imprese, sia per l’ambiente, con la riduzione dell’emissione di inquinanti per la produzione di energia da carbone, gas o con l’importazione di energia prodotta da fonti nucleari (per avere un’idea delle fonti di energia si consulti la pagina statistica di Terna).
Il 2018 e l’opinione pubblica europea divisa
La Commissione UE, dopo uno studio commissionato nel 2017, promosse nel 2018 una consultazione pubblica online sul quesito cambio Ora Legale/Ora Solare sì/no, che ebbe inizio il 4 luglio ed terminò il 16 agosto, vedendo la partecipazione di circa 4,6 milioni di cittadini europei. Il 70% dei cittadini parteciparono furono tedeschi, l’8,6% francesi ed il 6% austriaci.
Le 5 domande
- L’esperienza complessiva nei due passaggi di orario durante l’anno;
- La preferenza fra tenere o abolire questo passaggio;
- Le ragioni della scelta della domanda precedente;
- L’importanza attribuita alla scelta di conservare o cambiare l’orario;
- Le preferenze in caso di abolizione dell’ora legale o solare.
L’esito del sondaggio
La prima domanda ha raccolto un complessivo di 76% di risposte negative. La maggior parte dei cittadini UE, o meglio la maggior parte dei cittadini tedeschi, ha espresso la sua esperienza negativa con i due passaggi di orari all’anno.
Di conseguenza il risultato della seconda domanda è stato dell’84% a favore dell’abolizione del doppio passaggio. La ragione più usata per l’abolizione dello stato attuale di alternanza fra ora legale e ora solare è quella della salute umana (43%), seguita dalla percezione di una diminuzione del risparmio energetico (20%).
All’ultima domanda, chi ha scelto di abolire i due cambi di ora durante l’anno, per il 56% ha risposto di preferire il mantenimento per sempre dell’ora legale, mentre il 36% ha scelto di mantenere per sempre l’ora solare.
Nulla di fatto
Le risposte avrebbero dovuto rappresentare solo uno stimolo al dibattito. Invece divennero un punto fermo da cui partire: il risparmio energetico non viene più percepito come tale, soprattutto nell’Europa del Nord. Viene, invece, enfatizzato l’impatto dei cambi di orario sui ritmi biologici. Su queste basi il Parlamento Europeo si era pronunciato per abolire nel 2021 il cambio d’orario. Ma nulla è stato poi deciso.
La nuova crisi energetica e la guerra
L’ora legale è stata un’idea utile in una società fossile, ma perderà molto della sua efficacia in una società che produce da fonti rinnovabili. Ma, in questa fase di transizione, è ancora una scelta intelligente per risparmiare energia.