“I topi sono molto scaltri, mandano avanti gli anziani per evitare le esche avvelenate. Se sopravvivono, allora possono mangiarne anche i più giovani”. Così rispondeva mia moglie a una domanda di mia figlia sulle trappole per topi che vediamo per strada. “L’uomo, oggi, lascia delle esche che fanno effetto lentamente, in modo da colpire tutta la colonia di topi, non solo i più fragili ed i più anziani”. Una logica semplice.
Mentre ascoltavo questa semplice spiegazione, mi sono sentito come il topo. Ho immaginato che questa logica del lento avvelenamento, è applicata anche a noi esseri umani, con il cibo che mangiamo ogni giorno.
Ho fatto velocemente una serie di riflessioni:
- L’uso di sostanze chimiche per concimare i terreni;
- L’uso di sostanze chimiche per eliminare possibili parassiti dalle piante;
- L’uso di sostanze chimiche per conservare e trasportare i prodotti agricoli;
- L’uso di allevamenti intensivi che trasformano gli animali in risorse di produzione da far crescere il più presto possibile con l’uso di sostanze chimiche e medicali;
- Alterazione chimica dei prodotti alimentari scadenti per renderli più appetibili;
- Inquinamento dei fiumi e dei mari con plastiche ed altre sostanze chimiche nocive, che poi entrano nella catena alimentare;
Ad un certo punto mi sono fermato, perché avrei potuto continuare all’infinito ed ho riflettuto sulla nostra stupidità. Ci stiamo avvelenando lentamente come facciamo con i topi, applicando una logica suicida, ed ho riflettuto su una frase pronunciata da un mio amico:
Chi fa del male agli animali, fa lo stesso con gli esseri umani.
Gli esseri umani hanno messo al centro il profitto e la produzione ad ogni costo, anche per la produzione del cibo. Per questo motivo non si può parlare di principio precauzione, né tantomeno del principio responsabilità.
Cosa serve per cambiare rotta?
Un’azione profonda, che affondi le sue radici in una critica profonda allo sviluppo economico. Il progresso alimentato dal profitto ad ogni costo non può costruire un mondo migliore. Per non finire nella logica della trappola per topi, dobbiamo ripartire dal cibo. Dobbiamo ripartire dalle scelte e pretendere che la produzione sia fatta per il benessere dell’umanità, a partire da quello dei lavoratori e degli imprenditori, per estendersi alle persone che se ne ciberanno.
Cosa fare?
Iniziamo da una cosa molto semplice. Leggiamo le etichette dei prodotti:
- gli ingredienti;
- provenienza degli ingredienti stessi;
- il packaging;
- la provenienza del prodotto;
- il rispetto dei lavoratori che lo hanno prodotto lungo tutta la filiera;
- il rispetto della terra e degli animali nella produzione;
- in ultimo, ma importante, il costo.
Se vogliamo cambiare il mondo, dovremo essere più consapevoli che la produzione ha sempre badato alla quantità elevata, al costo basso, alla massimizzazione dei profitti. Oggi, non possiamo più ragionare così!
Qualità degli ingredienti + lavoro dignitoso + benessere animale + benessere della terra + prossimità + stagionalità = Difesa della casa comune
Gli ingredienti devono essere pochi e di qualità. Il lavoro per produrre il cibo deve essere dignitoso lungo tutta la filiera, non si può tollerare nessuna forma di neoschiavismo (NO al Caporalato) e sfruttamento. Gli animali non devono vivere in allevamenti intensivi, ammassati come parti di un prodotto industriale e imbottiti di medicinali. Gli animali sono essere senzienti! La terra non deve essere sfruttata, ma coltivata con amore e rispetto dei ritmi naturali e delle stagioni. La scienza deve essere il fondamento per coltivarla al meglio senza distruggere nulla. La prossimità del cibo alle persone che lo mangiano è fondamentale per ridurre l’uso di mezzi di trasporto, che comunque inquinano, anche se elettrici.
Questo è l’inizio di un percorso di difesa della casa comune, che non riguarda solo noi cittadini, ma riguarda soprattutto politici ed imprenditori. Non possiamo accettare di pagare un chilogrammo di pomodori 0,99 euro, come spiega bene questo articolo su Considero Valore. Anche il prezzo di un doppio cheeseburger non può essere di 4 euro, ma almeno di 11, come indicato da David Robinson Simon in un’interessante intervista al The Guardian.
Al cuore di questo discorso c’è una considerazione più profonda: non ci può essere difesa dell’ambiente senza giustizia e rispetto del lavoro, come ben spiega il libro “Spezzare le catene“.
Quindi iniziamo da qui, iniziamo dal cibo. Molto probabilmente ci renderemo conto che cambiare non è facile. Ma è necessario.