I popoli amazzonici ci chiedono da Belém di cambiare

I popoli amazzonici ci chiedono da Belém di cambiare

Le foreste stanno soffrendo il continuo ed inarrestabile progresso dell’umanità. A questo si aggiungano gli incendi che ogni anno devastano questi polmoni verdi: questa estate in Italia abbiamo visto bruciare la Sardegna e abbiamo ancora negli occhi le fiamme delle Hawaii. Leggere, quindi, la dichiarazione finale dei popoli della terra per l’Amazzonia, al termine del Summit per l’Amazzonia, tenutosi l’8 ed il 9 agosto a Belém in Brasile, può essere un aiuto a capire che direzione dobbiamo prendere per vivere meglio in questa nostra casa comune, soprattutto pensando che in Brasile si terrà la COP30 nel 2025.

Immagine di un popolo incontrastato (licenza cc2.0) presa da Wikipedia

In questo incontro si è evidenziata anche l’importanza dei popoli “incontattati”, quelli che non hanno ancora avuto rapporti con la civiltà, che sono i custodi di alcuni dei biomi più biodiversi al mondo.

Di seguito una traduzione dell’articolo del 9 agosto 2023 in lingua spagnola della REPAM, un organismo ecclesiale latinoamericano nato nel settembre 2014 come risultato del cammino per una Chiesa profetica ed incarnata nel territorio amazzonico, con un’importante dichiarazione sui popoli dell’Amazzonia e su quanto deve essere ancora fatto per salvarla.

Ringrazio per la condivisione dell’articolo l’amico Gianni Alioti.

Dichiarazione dei Popoli della Terra per l’Amazzonia a chiusura del Vertice dei Presidenti

Come Popoli della Terra per l’Amazzonia, segniamo un ulteriore passo in una lunga marcia contro il tempo, per proteggere la vita del Pianeta e le comunità di fronte all’emergenza climatica e all’ingiustizia socio-ambientale.

Abbiamo costruito in questi mesi un forte consenso, che è riuscito ad aprire il Summit dei Presidenti dell’Amazzonia all’ascolto e alla partecipazione della società civile.

Abbiamo creato le condizioni per l’appello ai Dialoghi Amazzonici, a cui hanno partecipato quasi 30.000 persone, per lo più legate alle nostre organizzazioni e movimenti popolari.

Riconosciamo gli sforzi del governo brasiliano per facilitare questi spazi partecipativi.

Abbiamo marciato per le strade di Belém, circa 5.000 persone, affermando che nulla è deciso in Amazzonia senza gli amazzonici. Siamo riusciti a far sì che la voce di sei rappresentanti delle sessioni plenarie dei Dialoghi Amazzonici raggiungesse i presidenti riuniti al Summit. Altri rappresentanti della Marcia dei Popoli sono stati ricevuti dai ministri del governo brasiliano e dal segretario esecutivo di ACTO, presentando la Dichiarazione dei Popoli della Terra per l’Amazzonia con le nostre rivendicazioni, che includono – con la radicale urgenza di questo tempo – le lotte e le cause di ognuno di noi.

La dichiarazione di Belém è solo un primo passo

Valutiamo collettivamente la dichiarazione presidenziale dell’8 agosto, risultato del vertice dei presidenti dell’Amazzonia. È importante che i presidenti abbiano rilanciato l’Organizzazione del trattato di cooperazione amazzonica. Accogliamo con favore la decisione di accogliere i frutti dei dialoghi amazzonici e definire la loro attuazione e incorporazione nelle aree di lavoro di ACTO.

La Dichiarazione presidenziale riconosce che soluzioni efficaci per l’Amazzonia potranno realizzarsi solo attraverso la piena ed effettiva partecipazione delle sue popolazioni, con particolare attenzione alle popolazioni indigene e alle donne.

Siamo riusciti a far sentire la nostra proposta all’ACTO e speriamo di fare progressi nella sua attuazione.

La Dichiarazione presidenziale non ha evidenziato la necessità della partecipazione di altri segmenti amazzonici, come i popoli afrodiscendenti, le comunità contadine e altri.

L’accordo raggiunto rappresenta un passo importante nella costruzione di un’Amazzonia sostenibile, inclusiva e solidale.

Mancano ancora decisioni concrete

L’urgenza che il documento stesso riconosce non ha però portato a decisioni concrete e solide per affrontare le emergenze più gravi!

Non c’è un obiettivo comune per combattere la deforestazione (rimangono solo gli impegni nazionali), non ci sono scadenze per azioni solide di fronte alla crisi climatica.

Per quanto riguarda il petrolio e le miniere, si parla solo di “avviare un dialogo sulla sua sostenibilità”, molto poco rispetto alle lamentele ed alle richieste presentate dalla gente. I conflitti per la terra, la criminalizzazione e la morte dei leader che difendono i loro territori e l’urgenza della riforma agraria popolare non vengono presi in considerazione.

Cambiare, ora o mai più!

Per questo, popoli della Terra dell’Amazzonia, movimenti e organizzazioni popolari, collettivi animati dalla fede e rafforzati nella spiritualità della resistenza, non ci arrendiamo e continuiamo a fare pressione sui governi: non c’è tempo da perdere!

Chiediamo l’unità di iniziative che, da Belém a Belém, ci portino alla COP30, affinché la COP abbia un effettivo spostamento socio-ambientale.

Cambiamo la storia dell’Amazzonia e del clima! Ora, o mai più, ci verrà data questa opportunità…

Abbiamo già una piattaforma di incontro e consenso e alcune tappe decisive di questo itinerario: il referendum per il Sì a Yasuní, in Ecuador, il 20 agosto; l’avvio del processo COP30 in Brasile in parallelo con COP28 a Dubai; l’XI Panamazonic Social Forum (FOSPA) in Bolivia, nel 2024.

Apriamo questa chiamata a tutte le persone, popoli e movimenti appassionati della vita e desiderosi di immergersi, con tutte le loro forze, saggezza e capacità, insieme alla Madre Terra, per il presente e il futuro.

L’Amazzonia chiama il mondo a cambiare: è possibile, ora o mai più!

Belém, 9 agosto 2023