L’elaborazione di una filosofia della crisi ecologica, con la sua logica emergenziale, sembra aver contribuito a paralizzare il dibattito culturale internazionale su posizioni artificiali, non in grado di edificare più un dibattito profondo sulla physis, in quanto concentrati sulla rappresentazione della natura. Si è smarrito, quindi, il piacere del contatto fisico con l’ambiente circostante attraverso l’esperienza comunitaria, in grado di essere fonte di ispirazione dei primi movimenti giovanili ed ambientalisti e capace di mettere al centro l’essere umano e la sua integralità.
Di seguito condivido un estratto del mio libro “I precursori dell’ambientalismo” su Romano Guardini (paragrafo 3.5)
Romano Guardini e la modernità
Romano Guardini fu non solo la guida spirituale del movimento Quickborn ma, come studioso, approfondì e cercò di comprendere il rapporto complesso fra uomo, natura e tecnica. Il suo lavoro, le “Lettere dal lago di Como”, è un piccolo ma importante saggio per capire cosa potesse rappresentare la sua guida, nei primi anni Venti, per il futuro dei giovani cattolici. Il suo lavoro, nato dall’esperienza viva a contatto con questo mondo giovanile vivace e culturalmente fecondo, fu stimolato dagli stessi interrogativi che si posero Klages e Spengler, e furono affrontati negli anni successivi da Martin Heidegger e dai suoi allievi, la nuova generazione di studiosi tedeschi che, fuggiti dalla Germania nazista, insegnarono nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti: Hans Jonas e Hannah Arendt.
La speranza nelle future generazioni
In Guardini, però, c’è uno sguardo capace di cogliere un segnale di speranza nel futuro, nonostante le difficoltà del presente, che manca negli altri pensatori. Egli riuscì a trovarlo nei Quickborn, che avevano deciso di emanciparsi dal controllo sociale degli adulti e provare a sognare un mondo diverso, in cui un ruolo importante veniva riservato alla natura. Attraverso il suo pensiero “per opposizioni polari”, di fronte al pericolo che questi giovani fuggissero la realtà senza resistere, Guardini consigliava di “trascendere il tempo, per poi starvi dentro tanto più fermamente” , al fine di superare la dialettica hegeliana, alla base dell’idealismo europeo degli inizi del Novecento, che non sembrava più in grado di riappacificare un pensiero risvegliato dall’inquietudine del neoromanticismo tedesco e fortemente influenzato dal pensiero di Nietzsche.
Lo sforzo fatto dall’autore nella sua opera “L’opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto vivente” fu un ripensamento del concetto di opposizione polare rielaborata dal Romanticismo , al fine di uscire dalla
“fondamentale polarizzazione romantica tra dilatazione titanica dello spirito, capace di dominare i propri contrasti, e sua radicale delimitazione in un’esistenza aporetica, priva di forma e di armonia. Quanto v’è di peculiare in Guardini sta proprio nel sottrarsi a questa alternativa – tra titanismo dionisiaco e tragicismo – nel tentativo di delineare un’antropologia il cui centro è la tensione stessa tra finito e infinito; una tensione irrisolta ma non perciò tragica, poiché il «sistema» del concreto-vivente è un sistema «aperto» e non programmaticamente chiuso”
M. BORGHESI, Romano Guardini. Dialettica e antropologia, Edizioni Studium, Roma, 1990, p. 10.
Quindi la contraddizione è parte del ragionare per opposti di Romano Guardini, il quale partendo dalla figura del Cristo, segno di contraddizione nella storia, alimenta la speranza nella grazia di Dio, coltivando nel cuore dei Quickborn l’unica e fondamentale differenza con i coetanei laici.
Guardini e i Quickborn
Essi coltivarono un profondo percorso religioso e spirituale che gli permise di avvicinarsi alla natura con uno spirito francescano che non lasciava spazio alla disperazione di fronte alle difficoltà. Il clima culturale di crisi portò il Movimento Giovanile Tedesco a coltivare un atteggiamento ostile verso la repubblica di Weimar e le sue strutture democratiche, aprendo la strada all’ideologia Völkisch . Guardini e i Quickborn, invece, non si chiusero nell’individualismo che cercava la forza nella comunità di razza, ma si aprirono “un collegamento a quella comunità trascendente, in cui sono possibili la scienza, l’arte, il lavoro e la vita, e che nell’ambito spirituale sopraeleva l’individuo” .
Le lettere dal lago di Como
La sua raccolta epistolare, le cui lettere furono precedentemente pubblicate singolarmente sulla rivista Schildgenossen dal numero di Pentecoste del 1923 a quello dell’autunno 1925, sono tuttora molto utili per comprendere quale spirito animasse “coloro che – anch’essi – si inoltrano «tra i tempi»” per affrontarli e non per fuggirli, nonostante le tentazioni panteistiche fossero forti.
Le lettere appaiono come un percorso lineare di chiarificazione sul cambiamento che la tecnica ha apportato nel rapporto fra l’uomo e la natura. Si percepisce chiaramente il senso di frattura fra un mondo passato, verso cui si prova una romantica nostalgia, ed un futuro in cui bisogna ricostruire un rapporto nuovo attraverso una nuova cultura. In questa situazione Guardini descrisse l’uomo contemporaneo come colui che ha perso i propri punti di riferimento e la propria patria, intesa come luogo culturale basato su legami sociali solidi, valori consolidati ed un ordine rispettato da tutti.
L’opposizione fra cultura e tecnica è un’opposizione fra la visione della cultura come opera di trasformazione responsabile della natura con il fine del bene dell’umanità, e la tecnica, frutto del metodo scientifico messo al servizio della produzione industriale e del profitto. Guardini non rifiutò la tecnologia, frutto dell’intelligenza dell’essere umano: la cultura, infatti, non è altro che una trasformazione della natura, necessaria per adattare l’ambiente circostante alle esigenze dell’umanità . Ma il teologo ritenne che con il progresso scientifico e tecnologico ed il conseguente sviluppo industriale, si fosse arrivati ad una rottura del rapporto di rispetto dell’uomo nei confronti della natura, divenuta una pura forma con la quale avere un rapporto astratto e distante di tipo dominativo .
In questo ragionamento è chiaro che per il teologo è saltata qualsiasi mediazione fra soggetto e oggetto, sostituendo alla cultura precedente ed al suo ordine, fondato su una profonda vitalità naturale, un concetto astratto di risorsa naturale, che nega l’iniziale vitalità riducendo la natura alla sua parte intellegibile per l’essere umano. A questa divisione così netta Guardini arrivò paragonando i due modi di vivere il rapporto tra tecnica e natura: se il vecchio modello culturale dominava il mondo per poterlo vivere, “era un regnare che si otteneva per mezzo del servire; un creare secondo la natura, che non si scostava dalle direzioni indicate, che non oltrepassava i limiti” , la tecnologia è creata per soddisfare il bisogno di continuo progresso, a cui sottomettere qualsiasi elemento naturale, perché “la nuova volontà di dominio non si sente in nessun modo tenuta a rispettare le vie naturali della creazione né le regole dell’equilibrio, alle quali, anzi, resta assolutamente indifferente” .
In tutta la raccolta, il teologo pone l’accento sulla vitalità della cultura e sulla mancanza di vita del concetto tecnico di natura ma, allo stesso tempo, imputa la mancata reazione dei più o alla loro rassegnata accettazione del progresso come di un fatto inarrestabile e connaturato alla natura umana o all’affermazione seducente e vincente di questa cultura grazie alla diffusione attraverso i mezzi di comunicazione di massa: giornali, cinematografo, pubblicità e mezzi di trasporto .
Tecnica e politica
Questa diffusione del pensiero tecnico ha favorito uno stravolgimento anche del concetto di politica, la quale, di fronte alla trasformazione dei popoli in masse organizzate per consumare la produzione industriale, ha dovuto constatare che “i problemi relativi al governo di una nazione, problemi economici, sociali, culturali, si riducono sempre più a quelli della Oikonomía” : nasce il bisogno di produrre tanto ed in fretta. In questo modo i prodotti sono tutti uniformi, in quanto fabbricati industrialmente, e non hanno il tempo di maturare o giungere alla perfezione perché devono essere pronti per essere consumati il più velocemente possibile. Guardini giudicò questo processo una devastazione ed una barbarie, in quanto l’uomo non era più misura di tutte le cose, ma era divenuto anch’egli oggetto della mentalità razionale e meccanica. Nella confusione generata dalla perdita del precedente ordine, senza averne trovato uno nuovo con cui ricreare un equilibrio interno ed esterno a se stesso, l’uomo ha stabilito arbitrariamente dei fini con cui sottomettere al suo volere la natura stessa .
Uomo, tecnica e natura
Di fronte a queste analisi del problematico rapporto fra l’uomo, la tecnica e la natura, si potrebbe ipotizzare che il teologo ceda alla tentazione di chiudersi alla modernità. Invece, di fronte ad una opposizione fra un prima ordinato ed in equilibrio ed un dopo incerto e sconosciuto, egli decise di non volere fuggire chiudendosi nel proprio idealismo, ma propose a se stesso ed ai giovani di dire “si” al proprio tempo , di accettarlo ponendosi l’obiettivo di costruire con la forza propria della giovinezza un nuovo ordine e una rinnovata spiritualità in grado di risolvere il problema del dominio sulla natura, della libertà al tempo della tecnica, di un ordine nuovo necessario per scongiurare l’uso distruttivo delle forze naturali liberate dall’intervento dell’uomo, creando una nuova gerarchia di valori all’interno della società di massa .
Guardini ed il Movimento Giovanile Tedesco
Il Movimento Giovanile Tedesco rappresentava per Guardini lo spirito giusto per affrontare le sfide tecnologiche alla cultura e all’ordine. In una nota alla sua ultima lettera, il teologo, pur consapevole delle posizioni neoromantiche assunte dalla Libera Gioventù Tedesca contro la meccanizzazione, la razionalizzazione e l’egoismo del profitto capitalista, era convinto che essi avrebbero imparato a tenere lo sguardo rivolto al futuro ed avrebbero accettato la modernità assieme alla missione di cambiarla.
La loro spiritualità, così legata per Guardini al popolo tedesco ed alla sua missione nel mondo, sarebbe stata in grado di contribuire alla liberazione della natura dal caos:
“Il «movimento della gioventù» (Jugendbewegung) al suo insorgere ha preso posizione contro la meccanizzazione, la razionalizzazione e l’individualismo della seconda metà del secolo; e proprio questa opposizione sembrava costruire la sua stessa sostanza. Esso era alla ricerca della vita, della collettività e di una creazione che scaturisse da una necessità interiore. Così esso si tuffò nella natura, si legò con le strutture organiche dell’epoca preindustriale, con i canti, le danze, le forme sociali, la pienezza culturale del passato. Il che impresse una nota romantica a tutto il suo comportamento. A questo romanticismo volto verso il passato ne corrispondeva uno utopistico teso verso l’avvenire: la convinzione di poter rinnovare il mondo e la vita senza la tecnica, poggiando direttamente sulle forze reali della natura e dell’uomo. (…) Il genuino movimento della gioventù non è una restaurazione romantica del passato ma un vivo presagio del futuro. Si pone contro la meccanizzazione, pure, messo di fronte alla questione, sente che questa èra meccanicistica in fondo non è l’«antico», ma che appartiene anch’essa inoppugnabilmente al «nuovo». Essa non ne è, in verità, che la prima tappa, non ancora liberata completamente dal caos della materia.”
R. GUARDINI, Lettere dal lago di Como, pp. 106-107 nota 7.
La sua iniziale avversione romantica verso la tecnica, che si evince dalle prime lettere del 1923, si trasformò in una accettazione della tecnica dopo una lenta maturazione che si può riscontrare nelle lettere del 1925.
La contemporaneità
La contemporaneità ha portato un vantaggio, la considerazione del soggetto, e uno svantaggio, la separazione del pensiero astratto dalla vita concreta, che può essere indagata solo con una “visione”. Guardini, nella consapevolezza che per costruire una cultura in grado di conciliare natura e tecnica c’era bisogno di una maturazione spirituale dell’umanità, guardò ai giovani come costruttori di un futuro capace di usare la tecnica ponendo al centro l’essere umano e non la sua volontà di potenza. Quello che Guardini tratteggiò, fu un essere umano in grado di prevenire responsabilmente quelle tentazioni puerili di dominio che, associate al progresso tecnologico, potrebbero portare ad enormi tragedie.
La crisi umana dopo Hiroshima e Nagasaki
Nella crisi umana e ambientale che si presentò in tutta la sua tragicità con le due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki e l’aumento dello sfruttamento delle risorse con conseguente aumento dell’inquinamento mondiale, il pensiero del filosofo e teologo tedesco, espresso con largo anticipo, rappresenta ancora oggi una via alternativa per l’umanità che ha dimostrato di non riuscire a governare l’enorme potenza tecnologica costruita.
I giovani erano la sua speranza, ma la storia contemporanea dei movimenti ambientalisti di massa, e dei movimenti giovanili in generale, ha dimostrato che alla tensione fra estremi, essi hanno preferito la tensione degli estremi, con il risultato di confusione e disfatta che oggi ci troviamo a vivere.